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Novità introdotte dal decreto Fiscalità Internazionale

Art. 1 – Residenza delle persone fisiche:
Recependo le indicazioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. c) della Legge 14 agosto 2023 n. 111 (“Legge Delega”), l’art. 1 del D.lgs. 27 dicembre 2023 n. 209 (“Decreto Fiscalità Internazionale”) ha sostituito il comma 2 dell’art. 2 del D.P.R. 22 dicembre 1986 (“TUIR”)

da: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi
del codice civile.”

in: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.”
Il così novellato art. 2 individua dunque 4 alternativi criteri di collegamento, 3 qualificabili come presunzioni legali assolute ed uno, quello relativo all’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, qualificabile come presunzione legale relativa.
Più nel dettaglio, ai sensi della novellata disposizione si considerano residenti coloro che, per la maggior parte del periodo d’imposta:
(i) abbiano avuto in Italia la propria residenza ai sensi dell’art. 43 del codice civile e, pertanto, la loro dimora abituale;
(ii) abbiano avuto in Italia il proprio domicilio che, coerentemente con la prassi internazionale e con le convenzioni contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia, è ora normativamente identificato nel “luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari del contribuente”;
(iii) abbiano avuto in Italia la loro presenza fisica;
(iv) siano risultati inscritti nelle anagrafi della popolazione residente.
Differentemente rispetto a quanto possa dirsi in relazione ai criteri di collegamento di cui ai punti (i), (ii) e (iii), criteri per l’appunto qualificantisi come presunzioni assolute di residenza fiscale in Italia, quello di cui al punto (iv) rappresenta una presunzione legale relativa , disattivabile dimostrando che, nonostante l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione
residente, il soggetto non possa comunque considerarsi residente in Italia in quanto non sia riscontrabile in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, la sua residenza, il suo domicilio o la sua presenza fisica.
Come anticipato, affinché un soggetto possa considerarsi residente, è necessario che uno dei 4 criteri di collegamento sopramenzionati risulti sussistente per la maggior parte del periodo d’imposta. A tal fine, come anche chiarito dalla Relazione illustrativa, è necessario tener conto anche dei periodi non consecutivi, nonché delle frazioni di giorno.

Art. 2 – Residenza delle società e degli enti:
Recependo medesime indicazioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. c) della Legge Delega, l’art. 1 del Decreto Fiscalità Internazionale ha riformulato il comma 3 dell’art. 73 del TUIR eliminando i riferimenti al criterio dell’oggetto principale, che ha dato luogo a controversie e rischi di doppia imposizione, ed al criterio della sede dell’amministrazione:

da: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché’ vincoli di destinazione sugli stessi.”

in: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Gli organismi di investimento collettivo del risparmio si considerano residenti se istituiti in Italia. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.”

Per effetto delle modifiche apportate, il nuovo art. 73 individua ora i 3 seguenti ed alternativi criteri di collegamento per l’accertamento della residenza delle società e degli enti:
(i) criterio della sede legale;
(ii) criterio della sede di direzione effettiva;
(iii) criterio della gestione ordinaria in via principale.
Come precisato dalla relazione illustrativa, se con il criterio della sede legale si è inteso dare continuità normativa con il testo vigente anteriormente alla riforma, con l’eliminazione dei riferimenti ai criteri della sede legale e dell’amministrazione e con l’introduzione dei criteri della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale si è, rispettivamente, da un lato inteso superare le difficoltà interpretative agli stessi correlabili, ampliando e rafforzando la certezza del diritto e, dall’altro lato individuare dei criteri di radicamento della residenza allineati gli aspetti di natura fattuale.
In relazione al criterio della sede di direzione effettiva, come chiarito dalla stessa norma, per essa si intende la “continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso”. Al riguardo, come osservato dalla Relazione illustrativa, il riferimento alla direzione ed alla sua effettività è in ogni caso inconciliabile con l’interpretazione di tale requisito volta a farlo coincidere in toto con l’elemento volitivo dei soci. Nella nozione di “direzione effettiva” rientrano dunque le sole decisioni di carattere gestorio, mentre ve ne restano escluse quelle a contenuto non gestorio, ancorché assunte dai soci, nonché le attività di supervisione e l’eventuale attività di monitoraggio della gestione da parte dei medesimi.
In relazione, invece, al criterio della gestione ordinaria in via principale, il suo inserimento consente di stabilire il collegamento personale all’imposizione nei casi in cui, pur essendovi un effettivo radicamento della società o dell’ente nel territorio dello Stato, residuano delle incertezze interpretative circa la sede di direzione effettiva. In questo senso si è attribuita rilevanza al luogo in cui si svolgono gli atti relativi alla gestione ordinaria, ovvero quella inerente al normale funzionamento della società o dell’ente nel suo complesso, purché, evidentemente, come anche evidenziato dalla norma, tale gestione ordinaria avvenga in via principale nel territorio dello Stato, così da evitare un eccessivo allargamento del collegamento personale all’imposizione quando solo parte di tali attività si svolge nel territorio dello Stato e quindi può, al più, sussistere una stabile organizzazione del soggetto non residente.
Funzionalmente all’introduzione dei nuovi criteri di collegamento della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale, si è altresì proceduto alla modifica del comma 5-bis dell’art. 73 del TUIR – concernente la presunzione di residenza nel territorio dello Stato di società ed enti controllati od amministrati da soggetti residenti nel territorio dello Stato (c.d. esterovestizione) – con la rimozione del riferimento alla sede dell’amministrazione ed ancorando la residenza del soggetto esterovestito (che detenga partecipazioni di controllo in soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 73) al ricorrere delle due seguenti condizioni, che restano immutate:
(i) è controllato, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
(ii) è amministrato da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in
prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

Art. 3 – Semplificazione della disciplina delle società estere controllate:
Recependo medesime indicazioni di cui all’art. 3, comma 1, lett. f) della Legge Delega, l’art. 1 del Decreto Fiscalità Internazionale ha riformulato l’art. 167, comma 4, lett. a) del TUIR da:
“La disciplina del presente articolo si applica se i soggetti controllati non residenti integrano congiuntamente le seguenti condizioni:
a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono indicati i criteri per effettuare, con modalità semplificate, la verifica della presente condizione, tra i quali quello dell’irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile”
in
“La disciplina del presente articolo si applica se i soggetti controllati non residenti integrano congiuntamente le seguenti condizioni:
a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento. La tassazione effettiva dei soggetti controllati non residenti è pari al rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel proprio bilancio d’esercizio e l’utile ante imposte dell’esercizio risultante dal predetto bilancio. A tal fine, il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti deve essere oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato. Se la condizione di cui al periodo precedente non è verificata (ndr. bilancio non certificato) o la tassazione effettiva è inferiore al 15 per cento, i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti sono assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, determinata secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.”
La novellata lett. a) del comma 4 dell’art. 167 prevede dunque che l’accertamento della condizione relativa alla tassazione effettiva inferiore al 15% venga effettuato secondo le seguenti modalità:

(i) se il soggetto controllato estero non dispone di un bilancio sottoposto a revisione e certificazione ed a condizione che gli esiti di tale giudizio vengano utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato, non è possibile procedere all’ETR test semplificato, ma si dovrà procedere all’ETR test ordinario come da Provvedimento Direttoriale;
(ii) se il soggetto controllato estero dispone di un bilancio sottoposto a revisione e certificazione ed a condizione che gli esiti di tale giudizio vengano utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato, è possibile procedere all’ETR test semplificato come segue:

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A questo punto:
a) se ETR < 15% -> procedere all’ETR test ordinario come da Provvedimento Direttoriale; b) se ETR >= 15% -> società non CFC.
Come chiarito dalla Relazione illustrativa, l’inclusione delle imposte anticipate e di quelle differite consente di superare la disposizione che prevede l’irrilevanza delle variazioni temporanee della base imponibile ai fini del calcolo della tassazione effettiva estera.
In aggiunta alla predetta modifica, è stata altresì introdotta una disposizione di coordinamento tra le disposizioni di cui all’art. 167 del TUIR e la disciplina della Global Minimum Tax di cui alla Direttiva (UE) 2022/2523, come recepita nel Titolo II del Decreto Fiscalità Internazionale.
In particolare, ai sensi del neo-introdotto comma 4-bis: “[a]i fini del calcolo di cui al comma 4, lettera a), rileva anche l’imposta minima nazionale equivalente, definita nell’allegato A del decreto di recepimento della direttiva (UE) 2022/2523 del Consiglio, del 15 dicembre 2022, dovuta dal soggetto controllato non residente. Ai fini del precedente periodo, l’imposta minima nazionale equivalente dovuta nel Paese di localizzazione del soggetto controllato non residente, individuato ai sensi dell’articolo 12 del decreto di recepimento della direttiva (UE) 2022/2523 del Consiglio, del 15 dicembre 2022, rileva in misura corrispondente all’imposta minima nazionale equivalente moltiplicata per il rapporto tra il profitto eccedente relativo al soggetto controllato non residente e la somma di tutti i profitti eccedenti relativi alle imprese ed entità del gruppo soggette all’imposta minima nazionale equivalente calcolata in maniera unitaria con il soggetto controllato non residente.”

La disposizione in argomento prevede che, ai fini dell’accertamento della condizione relativa alla tassazione effettiva estera debba essere altresì considerata anche l’imposta minima nazionale equivalente eventualmente assolta dalla società controllata estera nel suo Stato di residenza. Tuttavia, considerando che l’imposta minima nazionale equivalente si applica su base giurisdizionale, per tutte le società controllate localizzate nella medesima giurisdizione, ai fini dell’allocazione della quota dell’imposta alla singola società controllata estera, si prevede che l’imposta minima nazionale assolta rilevi in misura corrispondente all’imposta minima nazionale equivalente moltiplicata per il rapporto tra il profitto eccedente relativo al soggetto controllato non residente e la somma di tutti i profitti eccedenti relativi alle imprese ed entità del gruppo soggette all’imposta minima nazionale equivalente calcolata in maniera unitaria con il soggetto controllato non residente.

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Ulteriormente, lo stesso Art. 3 del Decreto Fiscalità Internazionale ha introdotto anche il nuovo comma 4-ter, ai sensi del quale: “In alternativa a quanto previsto al comma 4, lettera a), i soggetti controllanti di cui al comma 1, con riferimento ai soggetti controllati non residenti di cui ai commi 2 e 3, possono corrispondere, nel rispetto degli articoli 7 e 8 della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016, un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15 per cento dell’utile contabile netto dell’esercizio calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi. Permanendo il requisito del controllo, l’opzione per l’imposta sostitutiva ha durata per tre esercizi del soggetto controllante ed è irrevocabile. Al termine del triennio l’opzione si intende tacitamente rinnovata per il successivo triennio a meno che non è revocata, secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione. La disposizione di cui al periodo precedente si applica al termine di ciascun triennio. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di comunicazione dell’esercizio e revoca dell’opzione. Nel caso di esercizio dell’opzione, essa è effettuata per tutti i soggetti controllati non residenti come definiti ai commi 2 e 3 e che integrano le condizioni di cui al comma 4, lettera b).” Come chiarito dal successivo e neo-introdotto comma 4-quater, “[l]e disposizioni di cui al comma 4-ter si applicano a condizione che i bilanci di esercizio sono oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.”
La disposizione di cui al comma 4ter rappresenta evidentemente un tentativo di semplificazione della determinazione della tassazione effettiva del soggetto controllato estero, sia dal lato della base imponibile, sia dal lato dell’aliquota impositiva.

Come chiarito dalla relazione illustrativa, nella prospettiva della base imponibile, al fine di evitare le significative complessità di calcoli che spesso si risolvono in un mero spostamento temporale del carico impositivo tra il soggetto controllante residente e la società controllata o la stabile organizzazione non residente dovuta alla diversità della locale disciplina fiscale applicabile, si fa riferimento al risultato economico di bilancio ante imposte della società controllata ovvero della stabile organizzazione (previa sua autonoma determinazione rispetto alla casa madre); tale risultato contabile è quello risultante a seguito dell’applicazione dei principi contabili utilizzati ai fini del bilancio consolidato, senza tuttavia considerare le rettifiche di consolidamento (onde evitare la elisione di componenti positivi e negativi di reddito infragruppo) e le eventuali svalutazioni dei valori degli attivi (al fine di evitare eventuali manovre volte ad artatamente ridurre la base imponibile). L’utilizzo di valori contabili e non fiscali non si presta a particolari manipolazioni della base imponibile atteso che gli unici costi non monetari di cui è consentita la deduzione sono gli ammortamenti (svalutazioni e accantonamenti a fondi rischi che potrebbero ridurre la base imponibile non sono infatti deducibili) ed eventuali trasferimenti di costi a favore di altre entità del gruppo non destano, in linea di principio, criticità perché se sono entità a fiscalità privilegiata esse registrano un corrispondente componente positivo di reddito soggetto alle medesime regole a cui è soggetta la entità che ha registrato il corrispondente costo e se invece sono entità a fiscalità ordinaria per definizione il rischio non sussiste.
Nella prospettiva dell’aliquota impositiva, invece, si fa riferimento all’aliquota del 15% in coerenza con il livello minimo di imposizione previsto dalla global minimum tax. L’importo della imposta sostitutiva, derivante da un regime opzionale, non tiene conto di eventuali imposte sui redditi pagate all’estero dal soggetto non residente.
La disposizione è una facoltà concessa al soggetto passivo controllante, a condizione che i bilanci dei soggetti controllati non residenti siano soggetti a revisione e certificazione. Il soggetto controllate può dunque anche decidere di non avvalersene e di applicare le altre disposizioni dell’articolo 167 del TUIR. Nondimeno, se esercitata, l’opzione per l’imposta sostitutiva ha durata per tre esercizi del soggetto controllante, è irrevocabile ed opera con riguardo a tutte le società controllate estere suscettibili di applicazione della disciplina CFC.

Art. 6 – Trasferimento in Italia di attività economiche:
Ai sensi del neo-introdotto art. 6 del Decreto Fiscalità Internazionale:

“1. Al fine di promuovere lo svolgimento nel territorio dello Stato italiano di attività economiche, i redditi derivanti da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, trasferite nel territorio dello Stato, non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e il valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive per il 50 per cento del relativo ammontare nel periodo di imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento e nei cinque periodi di imposta successivi.
2. Non sono incluse tra le attività di cui al comma 1 quelle esercitate nel territorio dello Stato nei ventiquattro mesi antecedenti il loro trasferimento.
3. Ai fini della determinazione dei redditi di cui al comma 1, il contribuente è tenuto a mantenere separate evidenze contabili idonee a consentire il riscontro della corretta determinazione del reddito e del valore della produzione netta agevolabile.
4. L’agevolazione di cui al comma 1 viene meno se nei cinque periodi d’imposta, ovvero dieci se trattasi di grandi imprese, individuate ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, successivi alla scadenza del regime di agevolazione il beneficiario trasferisce fuori del territorio dello Stato, anche parzialmente, le attività oggetto del precedente trasferimento e l’Amministrazione finanziaria recupera nei suoi confronti, con gli interessi, le imposte non pagate durante il regime agevolativo dal quale è decaduto.
5. L’efficacia delle disposizioni del presente articolo è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea.”

Nell’ottica di promuovere lo svolgimento in Italia di attività economiche, l’art. 6 del Decreto Fiscalità Internazionale ha introdotto un incentivo fiscale consistente nella non concorrenza alla formazione della base IRES e del valore della produzione IRAP del 50% del reddito imponibile derivante dalle attività d’impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata trasferite in Italia e precedentemente svolte in uno Stato extra-UE/SEE. Nel novero delle attività eleggibili all’agevolazione rientrano anche le attività d’impresa esercitate da società appartenenti al medesimo gruppo.
L’agevolazione ha una durata di 6 o 11 periodi d’imposta (compreso quello in cui interviene il trasferimento), a seconda che l’impresa trasferita si qualifichi o meno come “grande impresa” ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE (vedi implicazioni nuova Direttiva).
È previsto però il recupero del beneficio ad opera dell’Amministrazione finanziaria, maggiorato dei relativi interessi, nel caso in cui l’attività impatriata venga successivamente distolta dal circuito impositivo italiano attraverso il suo trasferimento al di fuori dai confini domestici nel periodo di sorveglianza, ai fini della commentata disposizione individuato, a seconda che si tratti o meno di una grande impresa, rispettivamente nel periodo intercorrente tra il primo esercizio di vigenza del regime ed il 10° o 5° periodo d’imposta successivo al termine di vigenza del regime di agevolazione.
In ottica antielusiva, è esclusa l’applicabilità del regime agevolativo a quelle attività che siano risultate già esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento in Italia.
Al fine di beneficiare dell’agevolazione, il contribuente deve mantenere separate evidenze contabili idonee a consentire il riscontro della corretta determinazione del reddito e del valore della produzione netta agevolabile.
L’efficacia della misura è sospesa all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, TFUE (clausola di stand still).